di Ugo Perugini —–
Per Fabio Santini, giornalista e musicologo, quella per il cinema – e quella per Sergio Leone in particolare – è davvero una “passionaccia”.
Da oltre vent’anni porta in giro, ovunque gli sia possibile, lo spettacolo “C’era una volta il cinema – Viaggio dietro le quinte dei film di Sergio Leone”. E, ogni volta riesce a trasmettere al pubblico, con la sua carica di simpatia, l’entusiasmo per questo regista che è un vero e proprio mito della cinematografia italiana che ha reinventato il western e non solo.
Se non avete visto lo spettacolo, senz’altro avrete visto qualche film di Leone. Il libro di Santini “Sergio Leone: Perché la vita è cinema”, edito da Mursia, vi permetterà di entrare dentro la vita del regista romano e scoprire divertenti retroscena, indiscrezioni e aneddoti gustosi dai back stage dei suoi film più importanti, scoprendo virtù, qualità, ma anche manie e debolezze sue e degli attori/attrici famose e comprimari che ha diretto. Dagli inizi, con la famosa corsa delle “quadrighe” nel film “Ben Hur”, agli ultimi progetti rimasti irrealizzati.
Ma chi era Sergio Leone, morto a sessant’anni nel 1989? Dietro il suo viso tondo da bambino curioso e, forse, un po’ dispettoso, ben presto occultato da una folta e profetica barba bianca che si portò fino alla fine (voleva assomigliare in tutto a Orson Welles), c’era un regista eccezionale. L’inventore dei western all’italiana (guai a chiamarli spaghetti-western) e del cinema-nostalgia, come lo definisce lo stesso Santini.
Nell’animo, probabilmente, Leone rimase sempre bambino, nonostante il carattere non certo facile che si ritrovava: attento, spigoloso, perfezionista. Bastano certi titoli di suoi film, che fanno riferimento agli incipit delle vecchie favole, “C’era una volta…”, per capire lo spirito con cui lavorava. Nostalgia, sì, ma anche gusto per la favola…
E’ proprio vero che la sua era una fantasia bambina e visionaria, come dice ancora Santini, e il suo West era quello favoloso e immaginario dei giochi dell’infanzia tra monelli di periferia, quando si tiene in mano la pistola finta e “bang” lo si fa con la bocca; dove non muore nessuno ma violenza e rudezza sono il modo per confermare la propria mascolinità. Ricordiamo che nel suo primo film “Per un pugno di dollari” nel cast non c’è nemmeno una donna.
A ciò si aggiunga la capacità, che ritengo di origine tutta romanesca, di freddare l’avversario con battute fulminanti, spesso surreali ma divertenti e memorabili; sempre presenti nei suoi film, dove il dialogo peraltro è ridotto all’osso, centellinato.
Ne ricordiamo alcune, diventate quasi luoghi comuni: “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto”; “C’è aria di famiglia in quella foto”, risposta: “Succede a volte tra fratello e sorella”; “I tipi grossi come te mi piacciono, perché quando cascano fanno tanto rumore”; “Se lo vedi te lo ricordi: quando dovrebbe parlare, suona. E quando dovrebbe suonare, parla”; “Cosa hai fatto in tutti questi anni?”, risposta: “Sono andato a letto presto!”
Ma la grande fortuna di Sergio Leone è stata probabilmente quella di ritrovare sulla sua strada un vecchio compagno di scuola delle elementari, Ennio Morricone, grandissimo musicista, con il quale, insieme alla complicità dell’infanzia, ha ritrovato una sintonia umana e creativa che gli ha permesso di realizzare colonne sonore indimenticabili, che, davvero, rappresentano “sceneggiature aggiunte” ai film e hanno contribuito non poco al loro successo.
Con Sergio Leone, infatti, si assiste a un incredibile capovolgimento del lavoro cinematografico. E’ la colonna sonora (spesso riprodotta ad alto volume durante le riprese) a fare la storia, a creare l’atmosfera giusta, a fare recitare gli attori e a sottolineare i loro movimenti, dai più insignificanti, ad esempio, uno sguardo, l’alzata d’un sopracciglio, ai più rapidi e improvvisi, la mano che estrae la pistola dal fodero. Il tutto, immortalato da una fotografia di eccellente qualità, che dà senso e logica alla storia, merito della grande sensibilità di Tonino Delli Colli.
Sergio Leone, grazie alla passione che ha animato sempre il suo lavoro, ha saputo coniugare, come dice Fabio Santini, l’arte cinematografica con le esigenze del pubblico più vasto, rispettando le sue attese e trovando la chiave giusta per far convivere l’aspetto epico con quello più leggero e ironico.
Fabio Santini “Sergio Leone, Perché la vita è cinema” , Edizioni Mursia, RTL 102.5, euro 15,00.